Agriumbria rassegna stampa
 
 
QUALI POLITICHE PER L'AGRICOLTURA UMBRA
Terra e Vita - Speciale Agriumbria 2013
Terra e Vita - Speciale Agriumbria 2013
Terra e Vita - Speciale Agriumbria 2012 - art.2
Terra e Vita - Speciale Agriumbria 2013 - art.2 pag2
Terra e Vita - Speciale Agriumbria 2013 - art.2 pag3

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QUALI POLITICHE PER L'AGRICOLTURA UMBRA
Il Psr e gli altri programmi comunitari: il loro impatto nei vari settori della produzione regionale

Il Piano di sviluppo rurale (Psr) per l’Umbria 2007 - 2013 ha indubbiamente supportato in misura determinante l’attività delle imprese agricole e agroalimentari impegnate in processi di ristrutturazione e di riconversione produttiva finalizzati a migliorare non solo l’organizzazione gestionale delle aziende, ma anche dei processi di filiera che assumono un ruolo strategico per migliorare il valore aggiunto degli agricoltori.
Un Psr e altri programmi comunitari che hanno consentito di introdurre innovazioni tecnologiche nei vari settori con risultati di indubbio interesse per delineare le prospettive future dell’agricoltura umbra. Pertanto, si è ritenuto opportuno rivolgere alcune domande a Fernanda Cecchini, assessore alle Politiche agricole e agroalimentari della Regione Umbria, per fare un primo bilancio sugli effetti che le varie misure finanziarie hanno prodotto sull’agricoltura umbra.
Quale risposta hanno avuto i programmi regionali tra gli agricoltori?
«Una misura efficace della corrispondenza dei programmi regionali ai bisogni e alle iniziative delle imprese agricole ed agroalimentari è dato dai successi del Piano di Sviluppo Rurale per l’Umbria 2007 – 2013. Il programma è stato impostato per la sua totalità. In queste settimane stanno uscendo gli ultimi bandi, come quello per il sostegno degli investimenti aziendali emesso dai Gal dell’Umbria o quello per l’avvio delle microimprese nel settore del turismo e delle energie alternative che fa seguito a quelli per fattorie didattiche e agricoltura sociale. Dunque aiuti agli agricoltori per le attività tipiche ma anche per quelle innovative.
Il Piano ha avuto un successo rilevantissimo perché ha un tasso di realizzazione molto buono con una spesa effettiva superiore al 55% e con il coinvolgimento di migliaia di agricoltori nelle misure agroambientali e di centinaia di imprese nelle azioni di investimento aziendale. Il fenomeno non si limita dunque alla partecipazione ai bandi, sempre molto affollata, ma si traduce rapidamente anche nella realizzazione di iniziative di investimento che oltre alla mobilitazione di grandi capitali privati consentono di migliorare significativamente la competitività dell’Umbria».
E le risorse?
«In effetti se avessimo avuto più risorse avremmo potuto sostenere un numero ancora maggiore di investimenti fin da subito; viceversa per il grosso dovremo aspettare la disponibilità dei programmi relativi alla fase 2014 – 2020. D’altra parte va considerato che il complesso delle azioni finanziate consente di verificare con apposite approfondimenti volti a valutarne l’efficacia l’insostituibilità delle risorse comunitarie per sostenere la competitività dell’agroalimentare dell’Umbria».
Quale ruolo hanno avuto i Programmi Comunitari?
«Come è noto le Regioni hanno a disposizione solo i Fondi ed i Programmi Comunitari. Sono stati azzerati tutti i trasferimenti statali in materia ed è stata pressoché annullata la capacità finanziaria autonoma delle regioni fuori da Sanità e Trasporto Pubblico Locale. E’ stato quindi un investimento importante il cofinanziamento del Piano di Sviluppo Rurale che per sua natura dispiega possibilità di sostegno in molte delle politiche necessarie per il settore agroalimentare e per il territorio rurale. Per il futuro se non ci saranno aperture da parte delle politiche comunitarie e nazionali il cofinanziamento sarà sempre più difficile, ma dal punto di vista politico resta una delle priorità assolute cui ancorare le scelte regionali».
Quale è lo stato di realizzazione dei progetti di filiera?
«Ci sono due differenti livelli di attuazione. In primo luogo ci sono le filiere, come quella del latte o quella dei cereali, che hanno trovato attuazione già nel Psr attuale con specifici bandi che stanno finanziando gli interventi proposti dal raggruppamento delle aziende di riferimento. L’esito pratico lo vedremo tra qualche tempo quando riusciremo a valutare la competitività dei settori in riferimento alle nuove sfide. Ovviamente investire ed investire bene è solo una parte dei problemi delle filiere. Per il resto occorre una vera organizzazione che riesca a stabilizzare strategie di innovazione ma anche la presenza sul mercato e/o il rapporto con la distribuzione».
E per il tabacco?
«C’è poi la filiera del tabacco che nell’attuale Psr è oggetto di apposita strategia condivisa con la Commissione Europea che ha dato luogo ad una pluralità di interventi di sostegno non solo attraverso gli investimenti. La filiera è stata poi oggetto di una riorganizzazione importante negli ultimi tre anni il cui esito è una semplificazione degli organismi intermediari tra produzione e trasformazione. Il processo si è accompagnato ad una diversa organizzazione dei contratti con le multinazionali. Oggi esistono due Accordi nazionali che coinvolgono quasi tutta la produzione regionale stabilizzando nel medio periodo le prospettive di mercato.
La nuova fase della regolamentazione e della programmazione comunitaria porta altre sfide alla filiera che assieme a Ministero e Regioni sta seguendo il negoziato con grande attenzione. Positivo è stato l’intervento messo in atto nelle scorse settimane dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo ed in particolare dal suo Presidente De Castro».
Passiamo al secondo dei due livelli di attuazione. «In secondo luogo ci sono gli studi in corso di ultimazione sul Progetto Speciale per la Vitivinicoltura umbra e il Piano Zootecnico Regionale. Questi due documenti, ampiamente discussi con le imprese e le loro associazioni, costituiscono la base per progetti da realizzare con la nuova programmazione comunitaria a partire dal prossimo anno». A.R.